Grazie Mille

per essere entrati nel mio Blog.
Spero possiate trovare nelle numerose sezioni qualcosa che vi possa interessare.
Vi auguro una buona lettura e vi ricordo che se volete potete lasciare un commento.

Valentina =^_^=

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martedì 23 marzo 2010

Il villaggio azzurro

Il villaggio azzurro.

Appena usciti dal paese, dopo un depuratore e un paio di curve, circondato da un vecchio muretto rosso, con le sbarre di metallo, anche quelle vecchie, ci si ritrova davanti ad un cancello azzurro, che si apre cliccando un pulsante in cima ad una colonnina, anch’essa azzurra.
Si entra così nel Villaggio Azzurro.
Si narra che tanti anni fa, almeno 23 – il tempo di una vita, a volte – quando nacque, questo villaggio fosse VERAMENTE azzurro. I muri delle case, dei garages, i lampioni … tutto era azzurro.
E le case erano ultra terrazzate: due balconi al piano superiore, due terrazze al piano inferiore, una davanti e una dietro. Con giardini, prati e fiori annessi.
Ora invece, di terrazzi ne restano solo due, perché i due balconcini sono stati chiusi, e di azzurro rimangono solo i tre cancelli di ingresso, e forse qualche pezzo di lampione, non ancora del tutto scrostato.
Le case ora sono di quello strano colore, che neanche saprei più dire quale, tanto pure quella vernice sta scolorendo.
Entriamo dal primo cancello, e scendiamo la lunga discesa, quella che, continuando dritta, porta al secondo cancello, quello ormai sempre chiuso. Girando invece sulla destra, e salendo una curvosa salita, si arriva al terzo, e ultimo cancello, che usano in pochi. Tutti e tre i cancelli sono azzurri, in memoria dei vecchi tempi.
Di quando eravamo tutti bambini al villaggio, e correvamo in bicicletta, da un cancello all’altro, dal cancello più alto, di corsa, in discesa, senza frenare, dritti alla casetta.
La casetta, non era (e lo è ancora) altro che la centrale dell’acqua, costruita affianco al primo ingresso, ma separata in altezza, da un muretto di pietre, che si snodava per tutto il villaggio.
Dove noi passeggiavamo, e ci arrampicavamo, come fossimo esploratori.
Sulla casetta giravano diversi strani racconti. Forse perché la notte era il posto meno illuminato. Forse perché anche lei, con le sue due porte, era molto misteriosa. Una grande, in cima ad una gradinata, dove spesso andavamo noi bambini a giocare, o i ragazzi un po’ più grandi a divertirsi in maniera più adulta. L’altra, più piccola, ad un lato, nella parete più lunga. Entrambe sempre chiuse a chiave.
Eppure, una volta, le si trovarono aperte, durante una delle corse in bici. E c’è chi racconta che, da quella più piccola, si scorgeva, nel buio, una bambola impiccata. Sparita misteriosamente, dopo che le due malcapitate scopritrici, prese da spavento, andarono a cercare aiuto negli amici di bicicletta. Chissà qual è il mistero che avvolge questa storia.
Oppure, un’altra leggenda di noi bambini, svelata purtroppo dalla logica del nostro diventare adulti, erano i buchi che contornavano la casetta, che non si sapeva dove dessero, ma che magicamente mangiavano pietre! Come?! Te tiravi un sasso, dal basso, dentro questi “buchi” e quello non riappariva più. In realtà, quei “buchi” altro non erano che gli scoli dell’acqua del pavimento interno della centrale. Tirata la pietra, dunque, quella andava a ricadere sul pavimento, non tornando più giù. Chissà che avranno pensato i manutentori, ogni volta che han trovato migliaia di pietre sul loro pavimento.
Ma la casetta non era solo mistero. Era anche il luogo in cui ci si andava a rifornire di stalattiti, nelle mattine dei dopo nevicata. I ghiaccioli natural-artificiali, che non sapevano di niente, ma che adoravamo.
Ma perché da bambino, non si può non adorare la neve. Uscire la mattina presto, che la neve si è posata tutta durante la notte, con le mamme che ti urlano perché non hai messo i guanti. E andare a chiamare il tuo migliore amico, a suonare il campanello, per correre insieme, e andare per primi a mangiare le stalattiti, a tirarsi le palle, e a cercare di fare i pupazzi.
In quelle distese bianche, immense, che in primavera si riempivano di verde, e di fiori di campo, fiori di tutti i tipi, con cui noi ci divertivamo a fare dei mazzetti.
Appena poi il caldo aumentava, c’erano anche gli innaffiatoi, che si accendevano, sempre alla stessa ora, tanto che sapevamo da quello quando era ora di andare a cena. Quasi gli spruzzi d’acqua ci volessero cacciare dai nostri giochi, e costringerci ad uscire dai mille mondi che inventavamo.
Giornate intere passate in mondi magici, dove potevi fermare il tempo, e controllare la forza del vento, dell’acqua, del fuoco e della terra. E mille altri poteri magici, che creavano mille e altre storie immaginariamente reali.
Ma noi, quelli più piccoli -anche se in fondo io non lo ero cosi tanto- eravamo quelli delle giornate magiche, dei pomeriggi a giocare a calcio con gli amici, rotolandoci nella terra, sull’erba.
Noi, quelli dei dinosauri e delle sorpresine Kinder, che facevamo vivere realmente dentro case di costruzioni. Non di lego perché i lego costavano troppo. Ma di costruzioni di mattoncini rossi, gialli, blu … che ogni tanto diventavano altri strani macchinari ultratecnologici per creare nuove storie.
Noi, quelli delle serate d’estate passate in terrazza a giocare a carte, a scacchi, Monopoli, Risiko, Il paroliere, e mille altri giochi da tavolo.
Noi, in giro tutto il giorno, e anche di notte con i rollerblade, che diventano supporto di ogni nostro gioco: moscacieca, il lupo mangia frutta, la strega dei colori.
Noi, con le biciclette, a passare da un cancello all’altro, a fare a gara a chi arriva prima, o andando in tre su una sola bici, per vedere se si regge.
E poi loro.
Loro, quelli più grandi. Seduti al “muretto bianco”, nella zona dove noi non andavamo quasi mai, a parlare di chissà cosa mai avranno parlato: ragazzi e ragazze, amore, baci, sesso, divertimenti, vizi, sotterfugi, intrighi amorosi e inciuci.
Loro, quei famosi ragazzi più grandi che non giocavano in bici, alla casetta, ma che ne approfittavano del buio.
Loro che a noi, manco ci cagavano di striscio. Eppure, a volte si era anche imparentati.
Ma, in fondo, era anche perché loro, di noi, pensavano che fossimo troppo bambini.
Ed era vero.
A noi piacevano i nostri mondi dove se qualcosa non andava come volevi, potevi tornare indietro nel tempo e cambiarla. O creare direttamente un nuovo universo parallelo, dove rifugiarsi quando in quello vero non si stava bene.
E tutte le notti passate al lampione all’angolo, coricati sul marciapiede, a guardare le stelle. La notte di San Lorenzo, dove si acchiappavano al volo stelle cadenti ricche di sogni e di desideri. Anche se, in realtà, avevamo tutto ciò di cui avevamo bisogno.
Gli amici, i giochi, i nostri mondi.
Il nostro Non ci perderemo mai.
Ma tutti cresciamo. E dopo tutto, ci si perde comunque.
E quando torno li, ci sono ancora i prati, ma gli innaffiatori non funzionano più.
L’erba è secca, e a volte cresce troppo.
Ci sono ancora i “Belli di notte”. Quei fiori, quelle piante sono immortali.
C’è ancora la nostra casetta, il nostro albero Maestro, in mezzo al boschetto affianco al primo cancello azzurro. Ma ora è solo un semplice pino, un po’ malandato.
C’è ancora il campetto di calcio, arrangiato alla buona. Anche se in realtà resta solo lo scheletro delle porte.
Ma c’è ancora comunque la vecchia “quercia”, che ci piaceva chiamarlo cosi, ma in realtà è solo un vecchio ulivo.
Ci sono le cavallette, le mantidi, le formiche, gli scarabei, i grilli notturni, le rane, i pipistrelli.
Non vedo più i bruchi. Quelli verdi, ma con strisce colorate, che ci divertivamo a seguire.
Ci sono ancora i muretti di pietra, ma non li scavalchiamo più. Forse nemmeno ci si siede più.
C’è ancora il fico, che ora fa davvero tanti e dolcissimi frutti, ma non ci sono più io quando sono pronti. E non ci sei più tu a sbucciarmeli.
La mia bicicletta non c’è più da tanto, e i rollerblade sono con me in città.
Forse non c’è più l’acqua di un tempo, che nemmeno ci sono più le stalattiti quando nevica.
O forse non ci sono più i bambini di un tempo.
Quei bambini che siamo noi.
Siamo ancora noi?

1 commento:

^fR|d@^ ha detto...

Che bello poter leggere qualcosa di tuo, oltre che vederlo!!!
Ma io voglio anche l'illustrazione di aprile, non spererai di cavartela così!!! ;)